CIAO PIETRO AMICO NOSTRO, CHE LA TERRA TI SIA LIEVE

Grazie don Stefano, per avermi concesso la possibilità di portare, a nome dell’Amministrazione Comunale, il saluto al nostro caro amico e compagno di viaggio Pietro. 

Voglio innanzitutto rivolgere anche da qui un pensiero di affetto e vicinanza a mamma Dora e papà Antonio, a Susanna e Beppe, al nipote Simone e ai parenti di Pietro.

Ma la famiglia che Pietro ha costruito in questi 54 anni è molto più ampia di quella importantissima di sangue. Lo testimonia il grande affetto che la comunità rivaltese gli ha voluto tributare oggi e nei giorni scorsi, ma ancora di più lo testimoniano i ricordi di vita quotidiana che noi che siamo qui oggi ci portiamo negli occhi e nel cuore.

Anche a tutti voi, agli amici storici e a chi lo ha incontrato nel suo ultimo tratto di vita, rivolgo un saluto e un forte, fortissimo, abbraccio. 

Mancherà a tanti Pietro, ma sono certo che proprio il bene che ha seminato e l’amicizia che ci ha donato aiuterà tutti noi a ricordarlo col sorriso e non con il magone, a ricordare le sue tante presenze nelle nostre vite e un po’ meno l’assenza, il vuoto, che pure avremo di fronte. 

Lo dico soprattutto a Dora e Antonio: quando sentirete la mancanza di vostro figlio, ricordatevi di quanto affetto e amicizia ha seminato nel corso della sua vita e cercate in ognuno di noi un pezzetto del vostro e del nostro caro Pietro

Mi consentirete in questi pochi minuti di intervallare alcuni pensieri pubblici a qualche immagine personale. 

Ho conosciuto Pietro una decina di anni fa, non molti rispetto a tanti di voi che sono qui oggi, ma la sua contagiosa empatia e il comune sentire su molti temi, tranne che sul suo tifo calcistico, ci hanno fatto diventare buoni amici. Non ce lo siamo mai detti, e spero che anche tu Pietro la pensi come me. 

Tra i tanti obiettivi che Pietro ha raggiunto nel corso della sua vita un ruolo importante lo ha avuto l’essere eletto consigliere comunale della sua città. Ed è per questo che oggi sono qui con la fascia e in Chiesa è presente il gonfalone di Rivalta. Per rendere omaggio ad un rappresentante delle istituzioni, un rappresentante dell’assemblea rivaltese. 

Un ruolo che ha cercato con ostinazione e caparbietà e che ha svolto in maniera esemplare, sin dal primo giorno. 

Subito ci ha messo alla prova evidenziando i nostri limiti e la nostra impreparazione. Nessuno aveva pensato, in oltre 50 anni, che anche un cittadino in sedia a rotelle potesse diventare consigliere e avere diritto, come i suoi colleghi, ad accedere in autonomia al suo scranno. Abbiamo rimediato, ovviamente, in brevissimo tempo e Pietro ha seguito i lavori del consiglio insieme e vicino agli altri consiglieri. 

Da quel momento è scattata, in me, nella Giunta, ma credo di poter dire nel Consiglio Comunale tutto, un’attenzione quasi maniacale ai temi dell’accessibilità e dell’inclusività. E’ questa è la prima e più importante eredità che il nostro caro Pietro ci lascia e che porteremo avanti con ostinazione e coraggio.

A me poi mancheranno le occhiate con cui in Consiglio mi invitava a rispondere agli interventi di alcuni colleghi e i messaggi con cui alla fine di un mio discorso mi faceva i complimenti o mi suggeriva cosa avrei dovuto dire.

Ma l’ostinazione e la caparbietà con cui Pietro ha vissuto la sua vita gli hanno consentito di raggiungere altri importanti traguardi. Dell’ultimo ne andava particolarmente fiero: il diploma. Quel benedetto pezzo di carta che non è riuscito a prendere da giovane, che ha voluto incidersi sulla pelle con un tatuaggio e che si porterà con sé anche oggi. Quel benedetto pezzo di carta che era diventato una vera e propria sfida con sé stesso. 

Un percorso che abbiamo fatto insieme a lui, tanta era l’ansia e la preoccupazione che aveva prima degli esami e delle interrogazioni. Un percorso che l’ha aiutato a riempire le giornate di senso in un momento particolare della sua attività lavorativa. Era indeciso se iscriversi all’Università. Diceva di temere l’inglese. Sono certo invece che se il male non avesse ricominciato ad occupare buona parte dei suoi pensieri, tra qualche anno avremmo dovuto chiamarlo dottor Rotella.

Rotella, questo era il suo soprannome. Quelle della sedia da cui non poteva alzarsi e che è stata il suo tratto distintivo. Ma anche qui Pietro ha dato a molti di noi una grande lezione. Nonostante la difficoltà di vivere una vita in carrozzina, nonostante le tante privazioni che ha dovuto sopportare, nonostante le rinunce a cui il suo percorso di vita lo ha obbligato, Pietro non si è mai arreso, né pianto addosso. Certamente dentro di lui questa condizione gli faceva senz’altro male e lo faceva soffrire. Se così non fosse sarebbe stato un Santo, ma questo – con tutto il bene che abbiamo voluto e ancora vogliamo a Pietro – possiamo escluderlo, vero Dora e Antonio?

Ma nonostante tutti i nonostante Pietro ha affrontato la sua condizione con leggerezza e ironia. Non ci ha fatto mai pesare la sua condizione, né l’abbiamo visto piangersi addosso. Lo abbiamo visto sfrecciare con la sua carrozzina, guidare la sua golf o bere un aperitivo accomodato a qualche tavolino di bar. 

Ha giustamente preferito vivere la normalità che la sua condizione gli ha messo a disposizione. Lo ha fatto attorniato da tanti, tantissimi amici con cui ha condiviso gioie e dolori, grandi mangiate e partite allo stadio; ore di studio e giornate di lavoro.

L’ha fatto con leggerezza e determinazione, con quel suo modo scanzonato di prendersi in giro e di esplorare sempre nuovi percorsi di vita.

Certo non ci voleva quest’ultima prova a cui la vita lo ha sottoposto. Era già un po’ che combatteva contro il male e ad ogni ciclo di terapia o esame passava in comune per aggiornarci e anche quando le cose non andavano come tutti speravamo lo faceva sempre con la forza di chi ne ha viste tante nel corso della sua vita e sa che supererà anche questa prova. Non è andata così Pietro e chissà come sarai arrabbiato per questo.

C’è un bellissimo verso di una poesia di Khalil Gibran che racchiude al meglio, secondo me, l’insegnamento che Pietro ci lascia: “La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia”.

Ecco caro Pietro, se ciascuno di noi imparasse a danzare nella pioggia come hai saputo fare tu, sapremo guardare il luogo in cui viviamo, le nostre relazioni, le nostre preoccupazioni con altri occhi e da un’altra prospettiva e altezza.

Che la terra ti sia lieve caro Pietro, amico nostro.

Rivalta di Torino, 31 gennaio 2024

Sergio Muro, 31 gennaio 2024