
Un grazie particolare a Giacomo Viora, il capogruppo degli Alpini rivaltesi, per il suo prezioso lavoro. Avete chiesto ai vostri ospiti di svolgere una breve intervento.
Credo che l’aggettivo breve sia rivolto a me.
In questi anni mi avete sentito parlare molto nelle cerimonie ufficiali – 25 aprile e 2 giugno in particolare – e spesso al termine del tour che facciamo per i luoghi del ricordo presenti nel nostro comune vedo sulle vostre facce un senso di stanchezza nel sentire sempre le stesse parole.
Di questa tenacia e pazienza vi ringrazio, ma non vi prometto di essere breve neanche questa volta. Spero di non essere noioso. Se ciò accadesse vi prego di segnalarmelo e interrompo subito.
Il novantesimo anniversario è un appuntamento che merita rispetto, riguardo e riconoscenza. Lo meritate voi che siete parte attiva della comunità civile rivaltese, riconosciuti e apprezzati dai tanti che vi incontrano non solo nelle feste civile ma nella tante manifestazioni di piazza in cui è richiesto il vostro contributo.
Per questo mi rivolgo a chi non ha mai portato il cappello con la piuma nera: avete mai provato a chiedere a chi ha fatto l’Alpino di accelerare il passo, magari mentre – in mezzo al traffico o a una calca di persone – dovete affrettarvi, perché siete in ritardo a un appuntamento? Quasi sicuramente, lasciandovi passare, vi risponderà: «non si corre, bisogna seguire il passo del mulo!».
Oggi i muli non sono più in servizio, ma resta un insegnamento importante: il mulo non corre, non frena, dosa le sue forze e arriva, sempre, a destinazione.
E a saperlo molto bene sono gli Alpini, che con i muli hanno condiviso fatiche e gioie e che dai loro fidati compagni hanno imparato a non fermarsi davanti alle avversità, a continuare a camminare, a raggiungere lo scopo.
Il mulo è rappresentato anche nel monumento che insieme ormai alcuni anni fa abbiamo voluto dedicare proprio a voi e davanti al quale celebriamo la Festa della Repubblica.
Il vostro è uno spirito così, che vi ha portato e continua a portarvi a ricoprire un ruolo di primo piano nella società e nelle nostre comunità, grandi o piccole che siano.
Siete sempre presenti quando c’è un’emergenza, sempre pronti ad aiutare chi è in difficoltà. Con il vostro passo. Che vi ha portato lontano.
È lo spirito che forma e plasma anche il Gruppo Alpini di Rivalta che oggi celebra e festeggia i novanta anni di fondazione. Anzi, come è più giusto dire, i 90 anni “più tre”.
Le restrizioni del Covid ci hanno impedito di festeggiarvi come meritate nel 2021 ma non sono mancate e non mancheranno occasioni per dimostrarvi quanto Rivalta e i rivaltesi vi vogliano bene.
Partecipare alle vostre manifestazioni è sempre motivo di orgoglio e di soddisfazione. Non solo perché, come ha avuto modo di dire in più di un’occasione il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, «le Penne Nere identificano una lunga e nobile tradizione di coraggio, sacrificio e dedizione incondizionata a servizio della nostra comunità». Ma anche perché alle vostre adunate vale la pena accorrere.
Lo ha messo nero su bianco l’Alpino medico e scrittore Giulio Bedeschi, autore di “Centomila gavette di ghiaccio”, uno dei più lucidi e veri racconti della partecipazione dei nostri Alpini alla Seconda Guerra Mondiale.
L’adunata – ha scritto Bedeschi – «è un gigantesco atto d’amore collettivo, un atto d’amore “alla buona” e senza complicazioni».
Un atto d’amore che vi vede sempre presenti, con la volontà di concorrere al bene comune. Con generosità.
In occasioni come queste non si può non rivolgere un pensiero affettuoso e riconoscente a chi non c’è più. A chi, come giustamente gli Alpini tengono a dire, «è andato avanti».
Pochi giorni fa, il 18 giugno, ci ha lasciati Giovanni Alutto. Aveva 107 anni. Era piemontese, era iscritto al gruppo alpini di Carmagnola, era un reduce della campagna di Russia. Ad appena 21 anni, con i gradi di sergente maggiore, era partito per il fronte orientale con la divisione Cuneense. Da lì, dopo peripezie e un lungo viaggio a piedi, era riuscito a “tornare a baita”.
Chi è stato Alpino, in pace o in guerra, nelle caserme o in soccorso a chi era in difficoltà, chi ha operato lontano dalla patria per portare pace e concordia, ha dato un esempio, lasciando a noi, ai nostri figli, i valori sani dell’importanza del sacrificio, dell’aiuto, del non voltarsi mai dall’altra parte.
Oggi, purtroppo, assistiamo all’ampliarsi di fronti di guerra a noi vicini.
Per andare oltre questa crisi non serviranno solo strategie militari. Occorrerà pensare alla pace, alla giustizia e sentirsi parte di un percorso comune.
Servono esempi di questi sentimenti e un esempio noi lo abbiamo davanti proprio in questo momento.
Perché voi lo rappresentate. E ne siete garanti. Perché, come tante volte ci avete detto e dimostrato, non si può essere Alpini per sé stessi, ma per gli altri e con gli altri.
Non è vuota retorica, perché nulla è più lontano dalla retorica della vostra concretezza, abituati come siete a rimboccarvi le maniche e agire.
Viva gli Alpini, viva il gruppo Alpini di Rivalta.
Buona festa a tutti.
Sergio Muro 23 giugno 2024