NASSIRYA: DA 21 ANNI IN RICORDO DI ANDREA FILIPPA

NASSIRYA 2024

C’è un’immagine che riporta alla mente quello che è successo 21 anni fa a Nassiriya. Quella di un soldato, fermo davanti al cratere aperto dall’esplosione. Si aggiusta l’elmetto con la mano destra. Nella sinistra ha il suo fucile, che punta verso il basso, appoggiato alla gamba.

Alle sue spalle la base Maestrale sventrata, tutto intorno solo macerie.

A scattare la foto, a cogliere il momento, la fotoreporter tedesca Anya Niedringhaus, premio Pulitzer 2005. È morta in Afghanistan nel 2014, a soli 48 anni, mentre raccontava un’altra guerra, uccisa da un talebano.

Anche Anya, di cui il 4 aprile è ricorso il decennale dalla sua morte, uccisa mentre assolveva al suo dovere, quello di raccontare attraverso le immagini il dramma di un popolo, quello di raccontare, attraverso le immagini, la barbarie a cui può giungere l’uomo, quello di raccontare anche le speranza di una società civile che esiste in ogni parte del mondo e che non si arrende alla barbarie.

Quella foto, quel soldato sbigottito, incredulo, forse anche spaventato, racconta molto bene lo stato d’animo che ha pervaso tutti noi quel 12 novembre. Quando, fin da metà mattina, iniziavano ad arrivare le prime notizie.

Era un mondo già veloce, ma mai come oggi. Non esistevano i social, non c’era whattsapp e le notizie on line viaggiavo – strano a dirsi – ancora lente, molto più lente di come viaggiano oggi. Non so quanto il mondo veloce e superconnesso nel quale viviamo oggi abbia migliorato la nostra vita e le nostre relazioni. Assistiamo ad una ricerca spasmodica dello scoop, dell’anteprima che scavalca e spesso calpesta le vittime dirette e indirette.

La prima agenzia è delle 10:42. Un attentato, un camion carico di esplosivo lanciato contro la base italiana di Nassiriya. Ci sono sei morti. Sono tutti Carabinieri. Quasi nessuno sapeva che esistesse una città con quel nome. Men che mai che il contingente italiano potesse diventare obiettivo di un’azione del genere. C’era la guerra, sì, la seconda Guerra del Golfo.

Però l’Italia era lì per una missione di pace, invitata dall’Onu a contribuire alla rinascita dell’Iraq, favorendo la sicurezza del popolo iracheno e lo sviluppo della nazione. Un compito che l’Italia ha sempre ricoperto con coerenza e con onore, in tutto il mondo. Sono più di cinquanta le missioni che vedono impegnate i nostri contingenti militari, da Gibuti al Burkina Faso, dal Libano alla Somalia.

La notizia dell’attentato di Nassiriya impiega due ore ad arrivare in Italia. Poi, per tutto il giorno, fino a sera, è un rincorrersi di aggiornamenti, di ipotesi, di speranza.

Alla fine, alle 21:08 ancora un’agenzia: i morti sono 19, 12 sono Carabinieri, altri 5 sono militari dell’esercito, due sono civili. Sono italiani. E tra loro c’è Andrea.

Andrea aveva 33 anni. Vestiva la divisa da quando di anni ne aveva 19, come molti dei carabinieri che conosciamo e ringraziamo per il loro lavoro quotidiano. Qui con noi questa mattina come sempre c’è anche una rappresentanza della caserma dei carabinieri di Orbassano intitolata ad Andrea. Grazie Maresciallo Sburlati della presenza e della vicinanza che sapete essere reciproca.

Era esperto di missioni all’estero Andrea, e queste lo tenevano costantemente lontano da casa. Prestava servizio a Gorizia al 13° Battaglione Carabinieri. Viveva a San Pier D’Isonzo. Ma era di Rivalta. Di più, era di Tetti Francesi. Qui aveva sposato Monica che ringrazio della sua presenza amorevole e silenziosa, qui aveva stretto amicizie, qui – a Tetti Francesi – aveva trovato una famiglia che lo aveva accolto come un figlio.

Sono passati 21 anni da quel giorno. Nessuno di noi, però ha voglia di dimenticare. Nessuno ha dimenticato Andrea. Il suo ricordo è vivo a Rivalta e a Tetti Francesi in particolare. Ci ha pensato don Paolo a messa pochi minuti fa a ricordarlo nella preghiera. Anche a lui, che insieme all’Amministrazione Comuale ha sempre a cuore questa giornata, va il mio saluto e ringraziamento più affettuoso.

Questa piazza, che molti anni fa gli abbiamo voluto dedicare e che è il cuore del quartiere, l’amore con cui molti di voi curano questo luogo, la presenza di questa mattina dicono che l’affetto non è mai venuto meno. Che gli anni non contano. Aiutano a lenire il dolore a rendere più dolce, profondo, vivo, caldo il ricordo. Andrea è ancora un ragazzo di questa comunità.

Anno dopo anno abbiamo però scoperto che il sentimento che si prova qui non è solo nostro. Se l’attentato del 12 novembre non è stato più devastante e non ha causato più vittime è merito di Andrea.

Lo ricorda ogni volta che può un collega di Andrea, il maresciallo Antonio Altavilla, anche lui coinvolto nell’attentato. Si è salvato, a costo di dolorose ferite, di un anno di interventi e di una lunga convalescenza. «Andrea Filippa – ricorda il maresciallo Altavilla – ha risposto al fuoco con l’arma di ordinanza, sparando contro il camion e facendo sì che esplodesse prima di entrare nel cortile della caserma».

Ha fatto ciò che doveva fare ed è riuscito a far sì che il camion degli attentatori che non esplose, come avevano programmato, all’interno della caserma, ma sul cancello di entrata, evitando così una strage di più ampie proporzioni.

E chi lo ha conosciuto, chi lo ricorda sa che il senso del dovere, il rispetto del proprio compito, lo spirito di squadra sono le caratteristiche che hanno contraddistinto l’Andrea carabiniere, e l’Andrea marito, figlio, amico.

Ringrazio tutti per aver condiviso questo momento e vi ricordo che anche quest’anno, martedì 12 alle 9.00 al Cimitero di Rivalta ricorderemo nuovamente l’appuntato Andrea Filippa insieme all’Arma dei Carabinieri.

Vi lascio con una frase che ha scritto Valentina, una ragazzina di 12 anni, su un bigliettino che ha lasciato 31 anni fa sulle scale del Vittoriano a Roma in occasione dei funerali di Stato: “Sarebbe bello che ognuno abbracciasse suo fratello, che ci sentissimo tutti uguali senza divisioni razziali. Non deve esistere il bello, il brutto, il buono o il farabutto, siamo tutti comuni mortali. É allora basta guerre per rubare solo terre”. Oggi Valentina ha 43 anni e la sua preghiera laica è rimasta drammaticamente ancora inascoltata.

Sergio Muro, 10 novembre 2024

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